lunedì 18 giugno 2007

dedicato ad angelo

carissimo Angelo,
Cernusco ti ringrazia.
Finalmente è arrivata la soluzione politica, in ambito locale, che tu hai sempre perseguito.
Con impegno, perseveranza,lucidità ed abnegazione.
Una unità tra forze disinteressate,lontane dal potere per il potere, fatta da gente comune, di ogni età e genere, i cui obiettivi sono e sempre saranno un vivere in armonia con il prossimo e con l'ambiente che li circonda, attenti alle esigenze ed ai bisogni di tutti,rispettosa dei diritti di ogni persona e nel contempo consapevole dei doveri che ogn'uno ha nei confronti degli altri.
Ora che il tuo messaggio è stato recepito e si è realizzato, sono sicuro che ne avresti lanciato un'altro.....
'Consolidiamo questa unità, lavoriamo insieme per realizzatre i nostri sogni e le nostre speranze di un mondo migliore. Diamo un messaggio forte di discontinuità con il passato, che possa far veramente dire a tutti, ma proprio a tutti i cernuschesi che il clima è cambiato. Tutti gli intereressi privati sono legittimi e meritevoli di attenzione,ma non devono confliggere con il bene di tutti, dove il 'tutti 'vuol dire cittadini di oggi e di domani. Io ci sono, perchè un uomo vive fichè le sue idee vivono.
Ciao Angelo, ed auguri alla nuova squadra.
Gianni

5 commenti:

Sergio Pozzi ha detto...

Quando Angelo era un ragazzo come me e la mia clavicola fece crack.
Ai primi di maggio del ’57, con Angelo e Claudio ci si contendeva uno vecchio pallone di calcio, ma di vero cuoio, di quelli stringati e gonfiati col budell ampiamente rattoppato a mano da mio padre, cucito e ricucito nelle losanghe.
Lui era esperto di cuciture e recupero di palloni già da tempi del Cernusco, dove giocava nella mitica squadra del ’29 come ala (oggi si dice esterno) dallo scatto irresistibile,proprio di quelli che servirebbero oggi ll'Inter.Qualcuno raccontava che gli scarpini fatti da lui, erano rinforzati nella punta con un lamierino, nascosto fra la tomaia e la fodera interna.
Quel pallone era un “trofeo di guerra” strappato vittoriosamente dalla nostra banda a quella della via Manzoni, capeggiata dall’ Armido. Tino, che giocava nella Constantes,aveva totalmente pezzato il rinvio, e la maldestra traiettoria originò il bottino subito catturato dalle nostre vedette piazzate in posizione strategica. Nella foga del gioco a tre con i pali rappresentati dai
pilastri dell’ingresso alla Curt del Gatt, Angelo col suo “sinistro di dio”, mi contrastò con rude tackle in cui era maestro e caddi. Crack! La mia clavicola destra si spezzò. Papà, sentendo l’urlo di dolore, accorse. Sostenendo il mio braccio che non reggeva, pensò rima di accompagnarmi dalla Piera del “segno” che non era a casa. Poi dal buon dottor Di Gregorio che venne giù in strada perché ero in bilico sulla canna della bicicletta imprestata, per la ovvia conferma. Con l’auto del Venuto di via Monza, di volata ai Rachitici di Milano, perché le infermiere della mia casa non sentirono ragioni per ricoveri alternativi. Dio mio come stavo male! Il dolore era atroce, prendeva il cuore e lo stomaco che si ribellò, forse anche per il fernet che la zia Luigia di Milano, dalla quale siamo passati, mi fece bere per “tirarmi su”. Impachettato alla belle e meglio al pronto soccorso in vista delle lastre del giorno dopo, mi aspettava il salone dei bambini che si erano rotti qualche cosa. Il mio vicino di letto con la gamba rotta sotto la gabbietta mi chiese se sapevo cos’era il “pappagallo”. "Certo! Un uccello. Ha le piume e ripete le parole. Ha il becco giallo."" risposi in rima.Tutti gli altri, che sembrava dormissero profondamente,scoppiarono in una risata irrefrenabile, interrotta d’imperio dall’accorrere dell’infermiera di turno. Non mi ci volle molto per capire il tranello linguistico che mi era stato teso.
Fu tanta l’ilarità che la corsa allo svuotamento del “pappagallo” ebbe un impulso improvviso per tutti. Gesso, completo di busto da portare fino a metà giugno. Tenevo sempre a portata di mano i lunghi aghi, quelli da sferruzzare, per grattarsi davanti e dietro: un tormento. Che sfortuna! Tutto per un pallone così “conquistato”. Segno del destino e del fatto che “Sangiovanni non fa inganni”. Se fosse successo oggigiorno ad uno dei nostri diletti figli, ci sarebbero stati di mezzo avvocati denunce e cause civili per la “violenza” subita. La solidarietà famigliare decise per un equo indennizzo, onnicomprensivo con tanto di transazione di tre uova fresche, giusto per dare energia all’infortunato. Le portò Giuseppe,il papà di Angelo.
I miei amici, Angelo e Claudio, non ci sono più.
(da Donne Uomini e Gentilomm)

gianni arnaboldi ha detto...

eh, si Angelo a ' calcio' era un po' uno scarpone......, , andava 'dentro' dritto sul 'pallone' , ma nel frattempo il pallone era altrove, ma i piedi e le gambe dell'avversario, mannaggia, erano sempre li.......Pazienza, un po' di improperi, anche dal Luigi, il fratello...., con il Sandro che se la rideva.......
Bei tempi.....
Gianni

Sergio Pozzi ha detto...

Qui si può trovare un "Video_2005_Bangladesh in motocicletta_4" dove Angelo ha un "suo villaggio" .....

http://psergioit.myblog.it/

Sergio Pozzi ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Sergio Pozzi ha detto...

"perchè un uomo vive fichè le sue idee vivono".

Ancora adesso?

O le sue idee sono morte e sepolte con lui?